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Aug 10, 2023

L'arte di stare soli, insieme

OMAHA – Swish, swish… whooooosh… sccccraape-THUD, thump-THUD. I suoni dell'animazione dipinta a mano “Glazing” (2021) di Lilli Carré erano sospesi nell'aria mentre attraversavo Presence in the Pause: Interiority and its Radical Immanence, una mostra collettiva di dipinti “interni”. Il video si unisce a una selezione di opere in mostra al Bemis Center for Contemporary Arts che utilizzano figurazione, ritrattistica e scene domestiche per rappresentare spazi fisici e psicologici e, spesso, l'inseparabilità dei due. Anche il paesaggio e il linguaggio si insinuano, come è noto.

La mostra si estende su due gallerie, il che significa che per vedere l'intera mostra ho dovuto attraversare il corridoio bisecante dell'edificio vicino all'ingresso. Questo passaggio è uno dei tanti momenti dello spettacolo che enfatizza l'esperienza fisica della pausa - di essere in luoghi dove il tempo e la memoria allentano la presa, lasciando il posto a ciò che verrà dopo.

L'animazione di Carré prende come soggetto alcune delle famose rappresentazioni di donne della storia dell'arte occidentale, tutte opere d'arte di uomini. Una figura dai capelli scuri e dalla pelle rosa si muove rapidamente attraverso l'inquadratura, trasformandosi da una posa familiare a quella successiva, facendo una breve pausa tra ciascuna e occasionalmente scontrandosi, appiattindosi e scivolando lungo un muro invisibile. L'effetto è affascinante. Continuare a interagire con lo sguardo maschile - storico per di più - mi ha portato a chiedermi se lavori come questi perpetuano tali problemi e a chiedermi quando finalmente avremo finito con tutto ciò. Ma il pezzo è un po’ irresistibile. Il ritmo udibile dei movimenti della figura è diventato una colonna sonora mentre mi muovevo attraverso la mostra, a volte ricordando la caduta del microfono - un riferimento che può essere o meno intenzionale ma che infonde un po' di gradito umorismo oscuro.

Diversi dipinti evocavano la sensazione di essere in spazi ristretti, affollati da se stessi e dai pensieri personali piuttosto che da altre persone e dai loro affari. Le tre composizioni di Celeste Rapone raffiguranti una donna, forse sconvolta, posizionano la testa e gli arti contorti contro i limiti della tela, in competizione per lo spazio tra un tavolo, un campanello a vento e coltelli. Altri lavori mostrano intrecci con membri e storie familiari: alcuni graditi e altri obbligatori. Il tempo sembra simultaneamente svolgersi e collassare nei paesaggi dinamici e colorati di tipo flat-lay di Andrea Joyce Heimer che immaginano strati di memoria. Animali, persone, incendi, sparatorie, coltivazioni, litigi, alba, tramonto e altro ancora sono tutti attivati ​​in strati di relazioni e negoziazioni.

Le figure di Danielle McKinney in “Twilight” (2021) e “Calvary” (2022) mi hanno attirato con la loro immobilità, le ricche tavolozze di colori e la manipolazione della vernice, che stabiliscono squisitamente spazi interni di natura personale: marroni profondi e tenui, sfumature vellutate blu e oro e riflessi di smalto rosa salmone. E poi c'è la brace ardente e il vapore vaporoso di una donna che fuma. C'è qualcos'altro che cattura così completamente l'atmosfera di prendersi una pausa, qualche minuto rubato di contemplazione e introversione?

L'opera multimediale su larga scala di Kathy Liao “Without” (2018) raffigura tre figure che dormono in un letto, suggerendo evocativamente la distanza che spesso sentiamo dalle persone a cui siamo vicini. Forse le figure rappresentano tre generazioni di familiari o altre persone care, o anche tre diverse fasi di una singola vita. L'uso selettivo di colori caldi da parte di Liao nella scena in bianco e nero attira l'attenzione su come la memoria e la coscienza personali attivino le nostre vite pur rimanendo inaccessibili a coloro che ci circondano.

“All the Crossed Out” (2021) di Maia Cruz Palileo ha colpito in me una nota personale inaspettata. Nel piccolo dipinto, più che altro uno studio in realtà, il volto di una giovane donna è reso attraverso i contorni di una pesante pennellata nera sugli occhi, sul naso e sulla bocca. Le sue dita si avvicinano alla bocca mentre guarda attraverso la stanza, un libro appoggiato tra il suo petto e il tavolo dove è seduta. Sono sempre stato affascinato dal gesto comune di portare le mani alla bocca - magari stuzzicandoci la pelle o mangiandoci le unghie - mentre siamo immersi nei nostri pensieri o nei momenti di angoscia. È come se ci aggrappassimo al linguaggio. Il mio indice e il mio pollice caddero dalle mie labbra mentre giravo la testa dal dipinto per leggere uno degli estratti dalla raccolta di scritti di Molly Prentiss, FEED, presente sotto forma di vinile da parete: Ho dimenticato di guardare fuori dalla finestra fino all'EOD….

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